TRA I SENTIERI DELLE FIABE di Piera Dalla Barba
C’era una volta un peperoncino rosso che abitava in Sicilia. Non trovava da lavorare, perché nella sua zona c’erano mandorle di tutte le varietà che finivano sempre per prime nelle pentole dei cuochi. E che torte! Peperoncino allora decise di mettersi in viaggio. Arrivò sulla Penisola e si recò in una città di mare, prese una barchetta e raggiunse un’isola bellissima. Lì però i cuochi cucinavano i pesci e non diedero nessun lavoro a Peperoncino. Lui non perse la grinta e questa volta andò in campagna, ma lì fu mandato via perché erano tutti impegnati a festeggiare le pesche, le pere e le ciliegie! “Uffa – pensò sconsolato Peperoncino – Non troverò mai lavoro!” Proprio in quel momento gli venne un’idea. “Andrò all’Ufficio del Lavoro – decise – lì troverò sicuramente un lavoro!” Quando arrivò il suo turno, Peperoncino stava già gongolando, ma una gentile signorina gli disse:
“Qui lavorano tanto i tuoi fratelli grandi, i peperoni, con i peperoncini rossi e piccanti non sappiamo bene cosa fare; ti consiglio di provare ad andare in un’altra regione.”
“Ma ho già fatto tanta strada ed è la prima volta che viaggio. Non avreste un impiego anche piccolo piccolo? So accontentarmi, io!”
“Ci dispiace, purtroppo questo è il mese della festa delle sardine e nessuna verdura è invitata.”
“Io saprei fare tanti sughi, tante salse – disse tra sé Peperoncino – mi basterebbe finire nella cucina di un piccolo ristorante. Non ho necessità di fare le cose in grande, io, mi basterebbe che qualcuno mi assaggiasse, perché sono buono, sono cresciuto sotto il sole in un orto all’aria aperta.”
E così, stanco, sudato e assetato ma ancora bello rosso, Peperoncino si rimise in viaggio. Questa volta prese il treno e decise di andare al Nord, perché aveva sentito dire che lì era più facile trovare lavoro. Capitò a Torino, in Piemonte, dove il paesaggio era bellissimo, ricco di colline e di langhe sterminate.
“Uh, sono fortunato – pensò Peperoncino – qui sicuramente apprezzano la buona cucina e un posticino lo trovo sicuramente.”
Andò nei piccoli ristoranti e in quelli grandi, andò nelle mense delle scuole e degli asili, andò nelle valli e nei rifugi di montagna, andò persino negli ospedali. Bussò anche alle porte delle case, però tutti, proprio tutti, gli risposero in coro:
“Qui c’è la festa del tartufo! Non c’è posto per te. Tu non sei buono da mangiare insieme al tartufo, devi andare al Sud, al Sud!”
“È proprio dal Sud dell’Italia che provengo, ma lì non ho trovato neanche un piccolo posticino di lavoro!”
“Allora prova in Lombardia, lì si mangia di tutto, la Regione è grande, qualcosa troverai!”
E ancora una volta Peperoncino partì. Andò in Lombardia, come gli avevano suggerito, ma in Lombardia festeggiavano il risotto allo zafferano; provò in Trentino Alto-Adige, ma lì fu cacciato dalle mele, che spadroneggiavano su tutto il territorio e cacciavano via qualunque tipo di frutta e verdura. Capitò così in Friuli Venezia-Giulia, dove le persone erano simpatiche e ospitali. Infatti fecero di tutto per aiutarlo, perché avevano capito che Peperoncino era una persona seria e responsabile e avrebbe lavorato di buona lena in qualsiasi ristorante pur di rendere felici i cuochi e i commensali. Ci fu un gran passaparola per giorni e giorni. Le fattorie chiedevano agli agriturismi, gli agriturismi chiedevano alle pizzerie, le pizzerie imploravano i ristoranti, i ristoranti provavano a farsi ascoltare dagli alberghi, ma alla fine la parola di tutti era: NO. Non perché fossero malvagi, ma perché tutti avevano già pianificato la festa dell’asparago e quella della zucca. Peperoncino ringraziò tutti e ripartì. Era triste più che mai, scoraggiato, affaticato e anche infreddolito, perché oramai era febbraio. Provò senza fiducia a recarsi in Veneto. Non ebbe però più fortuna, perché qui festeggiavano i cardi, i carciofi e persino i finocchi, ma il peperoncino proprio no!
Peperoncino, sconsolato, decise perciò di ripartire, di tornare nel suo Sud, magari facendo tappa in Calabria, una regione che non aveva mai visitato. Quando scese dal treno c’erano centinaia di persone che applaudirono e gridarono:
“Evviva, evviva, bello, bellissimo, sei perfetto, e il tuo colore è proprio quello giusto. Ma da dove vieni e come hai fatto a sapere che ti cercavamo?”
“Veramente – rispose Peperoncino – è un bel po’ che giro l’Italia, ma non sono tanto gradito, perché crudo non piaccio, cotto non mi digeriscono bene, per i bambini sono troppo piccante… Inoltre in ogni regione festeggiano una verdura diversa da me, e così… non riesco proprio a trovare un’occupazione.”
“Vieni con noi, dai, vieni con noi e vedrai!”
Peperoncino, ormai senza speranze, decise di seguirli. Fecero diverse stradine, finché giunsero nella piazza più importante della città. Cosa vide Peperoncino?
Mamma mia, c’erano tutte le verdure possibili immaginabili: il sedano, il pomodoro, la cipolla, la patata, la carota, la melanzana, il finocchio, il carciofo, la zucca e l’asparago.
A un certo punto dal palco in fondo alla piazza si sentì un vocione col megafono che gridò:
“PE-PE-RON-CINO; PE-PE-RON-CINO; PE-PE-RON-CINO.”
Peperoncino non capiva… “Forse devono fare un minestrone”, pensò tra sé e sé. Intanto un signore gentile gli disse di andare verso il palco. Lui si avvicinò lentamente, un po’ stupito e un po’ imbarazzato. Quando fu ai piedi del palco si sentì sollevare e lanciare in alto. Gli girava la testa, le voci erano sempre più rumorose e lo acclamavano. Fece tre giravolte, un altro salto e un inchino. Aveva vinto il primo premio per la “festa del peperoncino” perché era il più bello e gli avevano messo anche una medaglia al collo! Era felice, ringraziò di cuore i signori calabresi e riprese il viaggio per la Sicilia, ansioso di raccontare agli amici del suo paese la più splendida avventura che gli fosse mai capitata. E proprio vicino a casa!