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Fanna 0023 Valavan
14 Ottobre 2019

MELE ANTICHE, QUANTE STORIE!

DI LÀ DA L'AGHE, I POSTI DELLE MELE di Franca Teja

Prima del '68
A piccoli gruppi pedalavamo da Maniago a Fanna per andare a “pomi”, noi bambine di 8 - 9 anni. Fatta la salita sopra il Rûg Stuàrt, davanti ai nostri occhi compariva l’oggetto del desiderio: i grandi meli con i rami carichi che toccavano terra. Le mele erano alla nostra portata e non importava se queste erano della varietà Cigulìns o Dal Poç o erano mele Ruggini, i nostri 'paletoni' (così venivano chiamati i due incisivi che spuntano per primi e crescono sproporzionatamente rispetto agli altri denti) erano pronti per addentare l’invitante polpa di quei succulenti frutti. Ma prima, istintivamente, quasi per ampliare la gamma sensoriale, facevamo rotolaresfiorando una mela attorno alla zona guance, bocca, naso era: velluto profumato!

Durante il '68
Sul finire degli anni sessanta, il signor Ciuzzepe di Merhano (così pronunciava nome e provenienza) creò nei grembani della Tiepola, campagna a sud di Maniago, una piantagione di meli altoatesini richiamando, per la raccolta delle mele, manodopera anzi bassa manovalanza reclutandola tra gli studenti maniaghesi. La prospettiva di guadagnare un gruzzoletto, ma soprattutto di ritrovare gli amici della corriera, quelli con cui condividevo quel mezzo che conduceva ai vari istituti scolastici era molto allettante. In corriera si rideva parecchio e a ciò contribuiva la guida “alternativa” dell’autista che, nei rettilinei, estraeva con nonchalance l’ultimo numero di Topolino con Nonna Papera e i nipotini Qui, Quo, Qua che, in un certo senso, collaboravano alla guida e partecipavano al viaggio. Dunque si rideva ma talvolta mi risuonava quel sinistro monito di “Risus abundat in ore stultorum!”.  Anche tra i filari delle mele Golden, Stark e Delicious, il riso abbondava per quanto il lavoro fosse reso più duro dall’acre odore di zolfo che permeava il fogliame, irrorato abbondantemente da pionieristici fitofarmaci che contenevano questo principio attivo.
Passano gli anni, anzi passano tonnellate e tonnellate di mele nei banchi dei supermercati che quando le comperavi, ti davano gratis anche la chimica incorporata.

“Podemos!”
Raffaella Vallar abitava a Fanna, nella borgata dei “Cichìns”, zona vocata alla coltivazione dei meli, quelli di una volta. Scrive nei primi anni duemila:
“Forsi parcè … i vuardavi gno pari incalmà cun t’un mot cuasi cerimonious i piçiui arbui di miluçs… Alora i ài sumiât da tornà indevour e vuè i sin in tanciu a cercjà di fa alc par chei vecjs melârs patrimoni da no pierdi dai nostris loucs (forse perché guardando mio padre innestare con gesti quasi ossequiosi i piccoli alberi di mele… Allora ho sognato di tornare indietro… e oggi siamo in tanti a cercare di fare qualcosa per i nostri vecchi meli, patrimonio da non perdere dei nostri luoghi)".
Invece Raffaella guardava avanti e con un gruppo di appassionati aveva dato vita all’Associazione Amatori Mele Antiche. Gli obiettivi? La riscoperta, il censimento, la conservazione e la rivalutazione delle antiche varietà di meli, prima che il loro progressivo abbandono ne decretasse la definitiva scomparsa e, con la tecnica dell’innesto delle marze prelevate da queste varietà, si sono potuti mantenere nelle nuove piante innestate, caratteri di grande valore biogenetico. Alberi i cui frutti generosi nel gusto e intensamente profumati non necessitano di particolari interventi per debellare i possibili nemici in agguato, avendo sviluppato doti di notevole resistenza se non una vera e propria immunità. Più di cinquanta varietà con nomi che evocano caratteristiche riguardanti l’aspetto del frutto come i Bislùnc dal bosc, Chei dal vueli e i Blancòns, o il  sapore del frutto come i Limoncei e Chei da la fràula, o l’epoca di maturazione come i Sant’ Anna (26 di luglio) e Chei d’avost o la località come gli Andreuzzi di Navarons di Meduno e i Prapiero di Andreis.
Tra le azioni intraprese dall’Associazione ci sono la realizzazione di un campo scuola, il sostegno a coloro che, compresi gli imprenditori, desiderano dedicarsi alla coltivazione delle mele antiche, le attività culturali, le pubblicazioni a tema e i percorsi di visita. Iniziative ricorrenti con scadenza annuale sono la mostra delle mele appartenenti ad un Comprensorio che riunisce sei paesi: Andreis, Maniago, Fanna, Cavasso Nuovo, Meduno, Frisanco e le lezioni primaverili di innesto e potatura.

Le mele antiche salgono in cattedra
Negli anni, la collaborazione con Enti pubblici e Scuole di ogni ordine e grado ha favorito il diffondersi di conoscenze anche tra le nuove generazioni, quest’anno arricchita anche da un supporto che l’Università di Padova, Facoltà di Scienze Farmaceutiche e Farmacologiche, ha fornito all’Associazione. Studi comparati fra le mele naturali provenienti dal Comprensorio sopra citato e mele di produzione industriale hanno evidenziato un notevole stacco tra le due categorie. I polifenoli che tanto bene fanno al nostro organismo, per il loro effetto protettore e antiossidante, sono risultati in concentrazione notevolmente più elevata nelle mele antiche e circa tre volte superiore il loro contenuto in vitamina C rispetto a quelle commerciali.

Mele antiche, ma anche frutti antichi, grani antichi… Un po’ come se antico conferisse un tocco di noblesse all’oggetto che lo accompagna. Ma, nel caso delle mele protagoniste di queste storie ci sorge qualche dubbio sulla correttezza dell’uso di questo aggettivo.

Perché, per caso, esistono mele più antiche delle mele antiche?
Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino della XXVII edizione è stato assegnato nel 2016 alle Foreste dei meli selvatici del Tien Shan, in Kazakistan. Nell’Asia centrale, sparsi lungo i versanti della grande catena montuosa del Tien Shan, rimangono frammenti dell’immensa e antica foresta che nel Terziario, milioni di anni fa, vedeva crescere decine di specie di frutti che hanno accompagnato la storia dell’uomo, nelle quali predomina il melo selvatico. Malus sieversii, questo è il suo nome ereditato da quel botanico Johann Sievers che per primo alla fine del XVIII secolo lo scoprì per caso, mentre era alla ricerca di piante medicinali. Proprio in quelle foreste attraversate dall’antica Via della Seta è iniziato quell’insieme di percorsi, traffici e scambi che metteva in relazione l’Europa con l’Asia. Sono state riconosciute a livello internazionale, come progenitori delle moderne varietà del melo e rappresentano una risorsa unica e irripetibile per il nostro pianeta.

Proprio antiche quelle mele kazake!
Ma per noi che non viviamo nel  Terziario, periodo geologico beninteso, le nostre vecchie varietà di mele già ci sembrano … parecchio antiche!

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