VIAGGIO NELLE MERAVIGLIE DEL FRIULI di Giuseppe Muscio
Fino all’inizio del Novecento l’idea dominante era che nei monti della Carnia i vertebrati fossili non solo non fossero comuni... ma che proprio non ce ne fossero.
La realtà è apparsa - successivamente - ben diversa: alcuni siti hanno restituito, negli ultime decenni, fossili di vertebrati (pesci e rettili) di enorme interesse scientifico. Ad essere precisi, però, nel cuore delle Alpi Giulie, la vicina località di Raibl (allora parte dell’Impero Austro Ungarico), aveva restituito, già a metà Ottocento, una fauna a pesci del Triassico superiore. Nel XIX secolo i principali giacimenti fossiliferi furono scoperti in seguito alle ricerche minerarie: Raibl (ora Cave del Predil) non fa eccezione. Le collezioni originarie sono ora conservate a Vienna e, in piccola parte, a Klagenfurt, mentre le raccolte più recenti sono suddivise tra Udine, Padova e Monfalcone.
Questa fauna, come detto, è datata al Triassico superiore, più precisamente al Carnico (circa 220 milioni di anni fa): il termine “Carnico” indica una suddivisione del tempo geologico che ha valore mondiale e fu istituito dal grande geologo e paleontologo austriaco Johann August Georg Edmund Mojsisovics von Mojsvar (1839-1907) sulla base di una successione rocciosa delle Alpi Giulie - più esattamente proprio dell’area circostante le miniere di Raibl - che dall’autore veniva riferita genericamente alla Carnia.
Tornando alle Alpi Carniche, Michele Gortani ha descritto, nel 1907 un piccolo pesce raccolto nei pressi di Cazzaso (Tolmezzo), datato al Carnico inferiore, nominandolo “Pholidophorus” faccii. Questo genere era allora un "contenitore" per qualsiasi piccolo pesce triassico o giurassico, anche se solitamente dotato di una copertura di scaglie ganoidi, mancanti invece in questo esemplare che era stato rinvenuto da un religioso locale e a lui era stata dedicata la specie. Questo esemplare rappresenta il primo vertebrato fossile proveniente da territorio carnico ed è rimasto tale per molti decenni e l’uso delle virgolette per il genere indica propria la difficoltà di fornire una dettagliata posizione sistematica al reperto: così facendo Gortani ci dice semplicemente che l’esemplare assomiglia a Pholidophorus, ma non appartiene a questo genere e, però, non ci sono abbastanza elementi per definire un genere nuovo.
Gortani, che pure non era un esperto di paleontologia dei vertebrati, ne individua subito le particolari caratteristiche, ma non ha a disposizione del materiale di confronto per meglio definire la sistematica di questo piccolo pesce, simile per forma a una piccola sardina attuale…
Solo negli ultimi decenni sono stati rinvenuti nei depositi triassici di Preone, Raibl e di altri siti delle Alpi alcuni altri esemplari simili: piccoli e caratterizzati dalla totale assenza di scaglie, ma ancora non vi sono sufficienti elementi per capire a quale genere questo pesciolino appartiene o per definirne uno nuovo. Bisogna però arrivare al 2008 perché il gruppo di specialisti guidato da Andrea Tintori rinvenga in Cina una discreta quantità di fossili simili e tali da permettere la descrizione del nuovo genere. Marcopoloichthys è un piccolo pesce osseo estinto, appartenente ai neopterigi e vissuto nel Triassico medio-superiore. Non superava i 5-6 centimetri di lunghezza ed era praticamente privo di scaglie. Il nome assegnatoli è pienamente giustificato dal fatto che i rinvenimenti, almeno per ora, si limitano all’Italia e alla Cina!
Ecco che, a poco più di un secolo di distanza dalla prima descrizione, il lavoro di Gortani viene completato (incredibile a dirsi), grazie a scoperte in Cina e al reperto di Cazzaso viene assegnato il nome di Marcopoloichthys faccii.