DALLA VALCANALE di Raimondo Domenig
In montagna le feste natalizie e dell’anno nuovo sono caratterizzate, oltre che dalla neve, anche da toccanti simboli religiosi e da consolidate tradizioni profane. Racchiuso tra le Alpi innevate non può mancare il quadretto del santuario del Monte Lussari, dedicato alla Vergine, nel suo magico mantello invernale sotto un cielo straordinariamente terso e azzurro. Meno consueta è la scena del serpentone di sciatori con le torce accese in mano che scendono dal monte nella ormai tradizionale fiaccolata di inizio anno.
Il santuario ha alle spalle una lunghissima storia che si perde nella leggenda e che ricorda l’anno del Signore 1360. Si narra di un pastore che trova sulla cima del monte le sue pecorelle inginocchiate accanto a un cespuglio di ginepro. Tra i rovi rinviene la statuina della Madonna con il Bimbo in braccio. Il giorno seguente l’uomo scende a valle, porta con sé l’immagine sacra e la consegna al parroco del paese. Rientrato al lavoro, trova nello stesso posto la statuina e ancora una volta il gregge è lì, inginocchiato davanti a Lei. Scende nuovamente con l’immagine sacra nello zaino e la scena del ritrovamento si ripete per la terza volta. Dell’evento viene informato il patriarca di Aquileia, che ordina la costruzione di una cappella sul luogo dell’avvenuto prodigio.
Il breve riassunto della leggenda non esclude che, precedentemente, altre presenze umane avessero utilizzato il sito sul monte di 1790 metri d’altezza, ora urbanizzato con strutture religiose, commerciali e ricettive. Posto esattamente a sud dello spartiacque di Camporosso - Saifnitz - Žabnice, secondo alcuni studiosi potrebbe essere stato scelto come luogo sacro già dalle popolazioni celtiche (VII-II sec. a.C.) per le proprie divinità e credenze. Forse queste erano insediate a ca. 820 metri di altitudine su un pianoro sovrastante il paese, esattamente a nord del monte. Da quel punto di osservazione in valle il sole si trova sulla perpendicolare del monte al solstizio d’estate e d’inverno. Tra le loro principali divinità c’era proprio il dio del sole e delle arti manuali di nome Lugh. Quel nome invocato dai Celti potrebbe avere un preciso riferimento nel toponimo Lussari (it.), Luschari (ted.), Višarje (slo.). Quanto detto rimane una semplice congettura che fa ritenere il monte consacrato alla divinità già nell’antichità.
Si può fare un’altra ipotesi in riferimento a colonizzatori slavi, i cosiddetti Vendi e/o Sloveni, tra il VI e il VII secolo, alla loro cristianizzazione e alla riscoperta del luogo sacro. Storicamente quel periodo si completò nell’811 con l’editto dell’imperatore Carlo Magno che stabilì la divisione delle province ecclesiastiche allora esistenti tra Salzburg a nord e Aquileia a sud del fiume Drava. Dovranno passare, come accennato, secoli e secoli perché la storia si appropri nuovamente della sacralità del monte di Camporosso, partendo forse da un evento naturale.
Un terribile terremoto devastò il Friuli e la Carinzia nel 1348. All’epoca, dalla paura e dal terrore ancestrale per il sommovimento della terra, sarebbero riaffiorati ricordi di epoche lontane. Uomini scioccati avrebbero rivolto le loro preghiere e i loro auspici in particolare alla madre di Gesù. Anche in questa circostanza si troverebbe una spiegazione plausibile per la rinnovata venerazione di un luogo di culto.
Le prime notizie documentate risalgono invece al XIV secolo. Tra gli atti vi è un legato del 1645 di 100 fiorini renani o rainesi alla chiesa di S. Egidio, S. Dorotea e al Santuario, testato dal “parochus in campo rubeo” Georg Tolmeiner. Noti sono i festeggiamenti del 4° centenario del santuario nel 1760. Furono celebrati attorno al 16 agosto, festa di S. Rocco, con la partecipazione dell’arcivescovo di Gorizia Karl Michael Graf (conte) von Attembs (Attems). Nello stesso anno l’alto prelato emanò un’ordinanza “pro loco taumaturgico Beatae Mariae Virg(inis) in monte Luschariensi”. Dal 1792 è testimoniata la presenza di assai numerose e partecipate processioni al santuario sia dall’area tedesca che slava, in numero più ridotto da quella italiana.
Un secolo dopo, il 31 gennaio 1860, in occasione del 5° centenario il papa Pio IX concesse una Breve con l’indulgenza per coloro che, frequentando il santuario, ricevevano sul monte la S. Comunione. In quell’anno i comunicandi furono ben 102 mila, mentre erano presenti oltre 20 officianti e s’erano tenute 165 prediche in tedesco e in sloveno. La frequenza media era all’epoca di ca. 50 mila pellegrini all’anno.
La storia moderna del santuario è caratterizzata dall’installazione di mezzi di risalita a fune, che alla devozione mariana aggiungono una vivace attività escursionistica praticata in ogni stagione, fruendo degli impianti e della cosiddetta pedonale “via del pellegrino”. Essa è integrata nella stagione invernale dall’attività sportiva dello sci alpino lungo le panoramiche piste del Lussari.