DI Gabriella Bucco
Le donne di Laura Leita sono floreali e si adattano alla stagione primaverile con i loro fiori opulenti, le tinte pastello e gli insetti, come monili preziosi di cui i volti si adornano. L’arte è solo in apparenza un hobby per Laura Leita, è un impegno quotidiano, una evasione in sognanti mondi esotici per stemperare la realtà “altra” e diversa. È come se esistessero due Laura: una rigorosa e precisa e una seconda fantasiosa creativa. Una dicotomia, perfettamente ricomposta e presente già nel padre Luigi, ingegnere di professione, ma grande creativo, poeta e illustratore, facondo affabulatore.
Fin da bambina Laura Leita preferiva disegnare che giocare con gli altri bambini e tuttora per lei il disegno è un “piacere immenso”. Alterna le ceramiche monocrome a colombino ai dipinti, che sono oggetto di questo intervento.
Dalla passione per la fotografia le deriva certamente il gusto tutto femminile per il dettaglio: le sue donne indossano turbanti di stoffe antiche e orientali, spesso retaggio di viaggi in paesi esotici, si estendono spesso allo sfondo.
La rappresentazione dei visi è sempre frontale ed evidenzia l’asimmetria, che caratterizza il corpo umano e l’Art Nouveau, giungendo persino a radicali tagli fotografici. Gli occhi diventano lo specchio dell’anima, aperti su mondi e realtà diverse, spesso accoppiati a un antico gioiello vittoriano il lover’s eye. Quest’ultimo ha una storia curiosa tipica dell’800 inglese: per ricordare l’amato le dame vittoriane portavano delle spille in smalto a forma dell’occhio dell’amante, uno solo in modo da non poter individuare la persona.
Come si addice al tempo primaverile, i fiori sono spesso accostati ai volti, a volte disposti di lato sull’orecchio, altrove diventano, invece, vere e proprie acconciature e persino possono prendere il posto di un occhio, conferendo un tocco surreale al ritratto.
In questa serie di immagini prevalgono le opulente peonie, care all’arte cinese, con i loro grandi petali sfrangiati e cromaticamente sfumati, non mancano però anche le umili erbe dei campi come il quadrifoglio, simbolo di fortuna, che determina anche il colore degli occhi e del turbante, porto con grazia da lunghe mani affusolate. Anche gli iris sono fiori molto rappresentati con la loro forma elegante e slanciata, che si presta anche alla stampa su stoffa e sui cuscini, alcuni dei quali sono comparsi negli arredi della serie televisiva La Porta rossa. I loro sono colori freddi, che si contrappongono ai toni affocati dei fiori di orchidea, a volte rappresentati in tele di grandi dimensioni, ma anche in tende e cuscini. Molto diverse sono anche le misure delle opere, a volte molto grandi, più spesso di dimensioni contenute, con cornici di grossi spessori, adatte ad essere appese o ad essere appoggiate. Offrono la possibilità di accostarli in composizioni modulari, simili, ma continuamente variate, come una melodia musicale.
A volte i decori sono costituiti da insetti, che, rappresentati fuori scala, rivelano tutta la fantasiosità delle forme e i colori metallici, del tutto simili a gioielli naturali. Questo è un altro punto di collegamento con l’Art Nouveau che spesso utilizzava materiali organici come madreperla oppure simulava con smalti e vetri le trasparenze cromatiche del mondo vegetale e animale. «Gli insetti mi piacciono nel loro essere minuscoli sono dei gioielli, amo soprattutto le cetonie dorate. L’insetto nella nostra cultura è considerato fastidioso e brutto e ho voluto abbinargli la bellezza del viso femminile per fare capire che quello che tanti considerano sgradevole ha invece un suo fascino».
Tra le varie tecniche pittoriche Laura preferisce disegnare con matite, pastelli e chine con un tratto da lei definito «essenziale e pulito, rigoroso, con cui cerco di rappresentare l’essenza delle cose e di trasmettere armonia» per cercare la bellezza anche in contesti sciatti e provare un sentimento di stupore per particolari su cui la maggioranza della gente non si sofferma.
Essenziale in questo caso è il senso del colore «che per me è fondamentale» afferma: rosa carichi, verdi pastello o blu profondi che improntano cromaticamente tutto il ritratto e che si ritrovano anche nell’atelier dell’artista. «Ho deciso -afferma decisa- che non doveva essere un appartamento normale e ho pensato ai colori che mi facevano stare bene durante la giornata. Ingressi e camere in verde pastello che accoglie e rilassa, la cucina è gialla per adattarla ai colori dei pensili in formica paglierina, per la sala volevo un colore che avesse personalità forte che stesse bene con i mobili in legno scuro dei nonni e ho pensato al rosa, i quadri sono venuti dopo e si armonizzavano con le pareti colorate».
Nei ritratti femminili gli occhi hanno un rilievo particolare, ispirati, come osserva l’autrice, all’arte egiziana, alle tavolette del Fayum in cui la ieraticità della figura riesce comunque a veicolare emozioni. «Sono volti con sguardi attenti, che guardano il futuro e il passato, in fondo anche in noi c'è la compresenza di presente passato e futuro. Nell’arte nessun artista inventa nulla, assorbe dal passato, elabora e realizza il futuro. In ciò è il fascino dell'arte e nelle mie opere mi piace mettere memorie antiche e attuali».